TURISMO CONVIVIALE
Bellezza, stupore e comunità è questa la strada da cui ripartire ed il turismo conviviale vuole essere la possibilità concreta offerta ad un ospite e ad una Comunità di vivere un’esperienza evocativa e generativa attraverso la narrazione dialogica della Bellezza che susciti la consapevolezza di uno stupore capace di trasformare un territorio in Locus Lucis, come spiega Don Gionatan De Marco, autore del libro “Il turismo conviviale. Bellezza, stupore, comunità”.
PER CHI CERCA UNA ESPERIENZA DI VIAGGIO AUTENTICA
Sarà, quello conviviale, quindi, un turismo partecipativo: ognuno, nell’esperienza, imparerà a con-vivere, allargando i propri orizzonti, divenendo capace di accoglienza incondizionata e di dialogo sincero, tornando a casa non soltanto con le foto ma con la memoria e le emozioni di un’esperienza e un bagaglio culturale e spirituale arricchito.
CONVIVIALITA’ DI CUI FAR MEMORIA
“La grande sfida del turismo conviviale è permettere alla Bellezza di ritrovare un proprio spazio nella vita quotidiana delle persone e dei popoli, coniugandosi con l’utile…”
E così il patrimonio culturale, se solo si misurasse l’immensa perdita che si produce ogni volta che un bene rimane inagito: la doppia sconfitta di smarrire un valore d’uso e anche un valore di opzione, non lasciando intravedere l’opportunità di creare valore contemporaneo, in un mondo che considera sempre più rilevante lo spazio dell’estetica persino negli oggetti, in special modo se coniugato a fattori quali il consumo ridotto di risorse, l’utilità e la funzionalità, la discrezione, la responsabilità sociale, le emozioni, le esperienze e le percezioni sensoriali.
Il turismo è il segmento economico in cui appare più evidente l’esistenza di una connessione tra estetica dei luoghi e il loro valore economico.”
Con queste parole Don Gionatan offre un nuovo spunto di riflessione nonché un punto di vista diverso sul tema del viaggio suggerendone la riscoperta attraverso il piacere del cammino, la lentezza e l’incontro col prossimo per smettere di essere “pellegrini, ma senza santuari che come mete orientino il cammino”
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